mercoledì 12 settembre 2007

uno sguardo sull'assemblea

pubblichiamo di seguito un contributo scritto durante lo svolgimento dell'Assemblea dal quale è stato estratto l'articolo pubblicato sul numero 35 del settimanale Riforma

Mentre i lavori e gli incontri di questa terza assemblea ecumenica europea stanno volgendo al termine e mentre si è ancora immersi nel succedersi degli incontri, dei discorsi, dei dibattiti, si può forse già tentare di fermarsi a riflettere e cercare di raccogliere impressioni e stimoli ricevuti, per tentare una prima panoramica.
Innanzi tutto il luogo dell'incontro: Sibiu-Hermannstadt, capitale della Transilvania rumena, splendida cittadina di circa 125.000 abitanti, con un centro storico di grande interesse di impianto cinquecentesco. Sin dal 1300 ha visto la presenza di una forte componente etnica germanofona e di una minoranza ungherese. All'epoca della Riforma diventa il centro di diffusione della fede evangelica in Romania, nelle sue due componenti luterana e riformata. Ancora oggi la chiesa evangelica luterana ha il suo luogo di culto principale in uno splendido duomo gotico del '400. E, in una successione di spazi contigui, si succedono poi la chiesa evangelica riformata, l'imponente cattedrale ortodossa (da cui a tutte le ore in questi giorni provenivano gli stupendi inni di questa tradizione cristiana), e la cattedrale cattolica. In una zona attigua, in pieno centro storico medioevale, si trova il, più recente, locale di culto della chiesa evangelica battista.
La maggioranza della popolazione è di confessione ortodossa, ma fino a prima della caduta del regime di Ceausescu il 40 % degli abitanti apparteneva alle diverse denominazioni evangeliche ed all'etnia tedesca. Ora la percentuale, ci hanno detto, è ridotta al 10 % ; gli altri sono emigrati, preferibilmente in Germania.
Ed il luogo ha indubbiamente un grande fascino, oltre ad essere uno sfondo quanto mai adatto per un incontro come la AEE3. La presenza vicina di questi grandi edifici religiosi, ciascuno con le sue proprie caratteristiche ben evidenti già dall'esterno, ci suggerisce una immagine di vicinanza e di convivenza, quasi un invito al dialogo inscritto nell'urbanistica e nell'architettura. Ma, pensando al passato non si può evitare di pensare ad un passato di conflitti. Proprio come per noi, esponenti di chiese e tradizioni confessionali diverse, che oggi cerchiamo capire come il dialogo ecumenico può proseguire e quale contributo può dare alla costruzione della nuova Europa.
Le diverse giornate erano scandite ciascuna da un tema, una declinazione del titolo generale sulla luce di Cristo che illumina tutti. La giornata si apriva con una preghiera iniziale della durata di un'ora circa seguita da una meditazione biblica e da alcune testimonianze. Il lavoro proseguiva poi con una seconda parte costituita in genere da un intervento “importante”, una tavola rotonda ed una serie di saluti. Il pomeriggio era il momento del forum: tre ogni giorni su diversi temi collegati al titolo della giornata. Seguiva un momento di preghiera nelle chiese delle diverse confessioni. Nell'intervallo di mezzogiorno e dopo cena incontri tematici su decine i argomenti, e durante tutta la durata dell'assemblea una agorà in cui movimenti, associazioni e gruppi gestivano stand e banchetti.
Una ricchezza di possibili momenti e argomenti di discussione davvero notevole. Ma un aspetto davvero indimenticabile è stata la varietà di provenienza e di organismi rappresentati da parte di chi interveniva, ed ancora di più da parte di chi portava i saluti. Un intervento molto interessante, a questo proposito, è stato quello di Miguel Barroso, presidente della Commissione Europea. E' stato un intervento tutt'altro che di circostanza, improntato ad un grande senso di laicità ed al tempo stesso di grande attenzione per il ruolo che le chiese, e, come lui stesso ha sottolineato, il dialogo ecumenico, possono avere per contribuire ad una migliore comprensione tra i popoli per mezzo della promozione del rispetto reciproco, in un quadro di valori fondamentali condivisi. Egli ha delineato il quadro di una Europa continente multietnico multireligioso e multiculturale. Ha sostenuto che gli europei hanno delle radici profonde, ereditate dai popoli e dale culture che li hanno preceduti: E citando Paul Valéry le ha espresse con Atene, Roma Gerusalemme “vale a dire la filosofia, il diritto e la religione, la triade della ragione, della legge e della morale”.
Molti sono stati saluti di esponenti politici, tra cui il presidente della Republica Romena e altri esponenti politici romeni e molti esponenti delle istituzioni politiche europee. Tanto che un'amica milanese mi ha chiesto con preoccupazione: “Ma cosa si aspettano che noi facciamo?”. La domanda, semplice nella sua enunciazione è però estremamente profonda e richiede una grande attenzione nel definire gli ambiti e i contenuti di possibili risposte: si parla innanzi tutto del movimento ecumenico, ma poi anche delle chiese in quanto tali. E qui ci si trova davanti ad una questione su cui la terza AEE non ha voluto interrogarsi, poiché volutamente si è data un profilo di tipo pratico: le chiese e l'Europa, le chiese e il mondo. Sui temi affrontati (migranti, pace, giustizia, ambiente) l'assemblea è stata impostata con un taglio pratico-pastorale. L'assemblea non si è interrogata, se non in maniera marginale sul tema della laicità. Vale a dire sull'ambito generale di rapporto con le istituzioni e le società che si propone per rendere efficace il contributo delle chiese sui temi sopra elencati.
La mattinata di apertura, quella del mercoledì, è stata quella più intensa dal punto di vista del dibattito teologico, con gli interventi del Patriarca Ecumenico Bartolomeo, del Card. Walter Kasper,
del Metropolita Kiryll di Smolensk e del Vescovo della Chiesa Evangelica Tedesca Wolfgang Huber.
Non è stata solo la presa d'atto delle difficoltà che il movimento ecumenico attraversa, che, lo sappiamo sono tante. E' stato un momento vero, alto, approfondito di dibattito, in cui con attenzione e con franchezza, direi con vera parresìa cristiana, si sono confrontate posizioni diverse, ciascuna con radici profonde nella propria tradizione. In ciascuna era evidente lo sforzo per cercare di comunicare davvero con le altre tradizioni confessionali, anche quando, come nel caso del metropolita Kiryll,sembra trattarsi di un intervento che porta più ad una riaffermazione di quanto già detto, che prospettive di novità. La ricerca di nuovi terreni possibili di dialogo nonostante le difficoltà era evidente nell'intervento del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli. Egli ribadiva, nfatti, che “noi promuoviamo senza riserve e sosteniamo qualsiasi dialogo ecumenico, a pari condizioni, considerando ciò come qualcosa di assolutamente necessario, anche quando esistono rapporti difficili fra noi, poiché senza dialogo è impossibile raggiungere l'anelato fine della riconciliazione, comunità e unità fra i cristiani.”
Il Card. Kasper ha riaffermato la posizione ufficiale della Chiesa Cattolica Romana, anche se con molta finezza e con grande intelligenza. Ha ribadito che, sostanzialmente, essa ritiene per il momento esaurita la spinta propulsiva del dibattito telogico in campo ecumenic. Ed ha proposto un ecumenismo spirituale come prossimo tragurado, in cui l'approfondimento della conoscenza reciproca diventi scambio di doni e occasione reale di conversione delle chiese. In ogni caso ha ribadito come il dialogo ecumenico anche con il mondo della Riforma sia patrimonio e obiettivo irrinunciabile della sua chiesa.
Sempre di grande livello è stato l'intervento del Vescovo Huber, che, riferendosi alle recenti prese di posizione della Chiesa Cattolica Romana ha afermato che nessuna chiesa può rappresentare da sola tutto lo spettro dei colori presenti in seno all'unica luce che è Cristo, nessuna chiesa da sola può rifletterne tutta la luce. Ne segue che il rispetto per la qualità ecclesiale delle altre chiese è indispensabile: esso fonda l'unità nella diversità e apre la via ad una diversità riconciliata. Sul tema della mdernità ha poi afermato che la concezione evangelica della presenza di Dio nel mondo si caratterizza perl'idea che la luce di Dio e la sua verità non sono in opposizione al mondo moderno, ma che anzi ne costituiscono il fondamento più profondo “Il mondo moderno, caraterizzato dal pluralismo, dall'individualismo, dalla laicità ed anche dal materilismo è il mondo di Dio, che lo conduce e lo guida, che losostiene e lo consola; e la maniera in cui prende forma dipende dall'azione responsabile dei cristiani”. Sulla vexata quaestio del termine “comunità eclesiali” anziché chiese, egli ha comunque ribadito gli elementi di riconoscimento positivonella posizione cattolico-romana, tra cui il riconocimento del valore salvifico riconociuto anche all'interno delle chiese della Riforma.
E' impossibile dar conto dei contenuti non solo di tutti gli interventi, neanche di quelli più significativi; forse si potrà cercare di farlo in seguito, perché la ricchezza del dibattito è stata più grande di quanto ci i possa immaginare.
Pur nei dissensi, pur nel riconoscimento delle difficoltà, la volontà di continuare il cammino ecumenico è apparsa irreversibile, assieme alla costante preghiera allo Spirito Santo perché voglia sostenere le chiese, i cristiani e le cristiane in questo cammino.
E vorrei affermarlo usando le parole che il Card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ha detto durante la sua meditazione sul passo evangelico della Trasfigurazione (Lc 9): “A radunarsi a Sibiu in questa nostra assemblea ecumenica è l'unica chiesa del Signore” “...l'unica vera identità di ogni cristiano che è il Cristo stesso che vive in lui (Gal 2,20). Non è etnica, né culturale, né confessionale l'identità profonda del cristiano. Essa è escatologica, perché in Cristo siamo già e non ancora figli di Dio(I Gv 3,2)”
E i volti dei partecipanti, gli abbracci, gli scambi intensi, i dialoghi serrati, la fraternità condivisa nella preghiera, nell'ascolto e nel canto, sono stati davvero momenti di luce, che chi ha partecipato difficilmente potrà dimenticare.
Ma la domanda è: sono stati raggiuntigli obiettivi che ci si proponeva?
Un intervento diceva: se dopo duemila anni non siamo ancora riusciti a mettere in pratica il comndamento dell'amore, è forse questa una buon ragione per buttarlo? E pensiamo che l'ecumenismo ha iniziato il suo cammino poco più di 100 anni fa.
Credo che non sia tanto importante interrogarsi sugli obiettivi dell'incontro di Sibiu, non solo perché ne abbiamo già letto ed ascoltato molto, ma anche perché, a differenza delle due precedenti assemblee ecumeniche europee, questa è essenzialmente il punto di arrivo di un “pellegrinaggio” durato due anni, con due tappe significative a Roma e a Wittenberg, ma anche con tanti momenti locali di iniziativa e di accompagnamento (voglio solo ricordare in Italia, anche per la particolare attenzione che si è voluta porre alla presenza attiva dei giovani, l'iniziativa di giovani delle diverse confessioni cristiane “Osare la Pace per Fede 2” che si è tenuta Milano nell'aprile di quest'anno).Ne parleremo ancora, come parleremo ancora di molto altro.
Credo invece sia importante interrogarsi sulle prospettive che Sibiu apre. Anche perché in caso contrario ciascuno finirebbe con l'interrogarsi sulle sue aspettative. Invece una delle cose belle di questo grande incontro di circa 2500 delegati di tutta Europa, più qualche altro centinaio di invitati e di partecipanti a vario titolo, è stato il fatto che, non c'era assolutamente una uniformità di aspettative, al contrario. Questo può non piacere a chi identifica il dialogo con la sua prospettiva di dialogo, a chi si aspetta che un momento come questo debba parlare di questo o di quell'argomento, con la prospettiva che piace a me. Credo sia invece un grande momento di arricchimento e una grande occasione incontrare e confrontarsi con persone che hanno aspettative e posizioni assolutamente lontane. Durante un forum un partecipante diceva: “non possiamo cercare gli interlocutori che ci piacciono, il dialogo per essere tale non può porre delle discriminazioni iniziali”. E' una verità semplice ma di cui spesso ci si dimentica: il primo punto della metodologia ecumenica
è molto semplice: “accettare l'altro per quello che è, per come lui stesso si comprende”. E non sempre si è riusciti a farlo. Come è successo a chi scrive, e non solo a lui, quando sono entrato in un'aula dove doveva tenersi un momento di dibattito (uno dei pochi che ci sono stati), sul tema dell'Europa e le le religioni. Ebbene il moderatore designato dell'incontro era un distinto prete cattolico il cui cartellino(ciascuno ne aveva uno identificativo sul petto) recitava: Prelatura dell'Opus Dei. Confesso il momento di sorpresa. Poi mi sono detto: bene vuol dire che questo cammino è aperto a orizzonti più ampi di quello che credevo. Sarà interessante vedere se e quali viluppi potrà avere.
Quali prospettive dunque?
In questo momento i documenti finali devono ancora essere resi noti, ma, oltre agli interventi ed alle tavole rotonde ci sono stati incontri, hearings, riunioni spontanee dei partecipanti, che lasciano capire con certezza che coloro che sono stati a Sibiu ne hanno ricevuto nuova forza e convinzione per proseguire, per chiedere che gli organsimi eumenici europei si impegnino per andare avanti sulla strada della atuazione della Charta Oecumenica.Sono emerse tante proposte, ma su tutte quella di impegnare gli organismi promotori ad impegnarsi sin da ora a lavorare per una quarta assemblea ecumenica europea.
Per questi pochi giorni,per un attimo, questa comunità radunata da tutti i Paesi d'Europa, da tutte le confessioni cristiane in essa presenti, è stata davvero chiesa del Signore, unica chiesa dell'unico Signore, senza che nessuno dovesse rinunciare alle proprie convinzioni, alle proprie tradizioni, alle proprie liturgie, persino alla propria lingua (anche se tutti comunicavno con la lingua del vicino).
Certo non ha potuto condividere il pane e il vino della Cena, e ne ha sofferto, ma ha condiviso nella fraternità anche questa sofferenza. Ma soprattutto ha condiviso la Parola del Signore, l'azione del suo Spirito, la speranza che esso h suscitato.
Sia pure per un attimo, ma queste donne e questi uomini,così diversi (per esempio anche nei vestiti dei ministri di culto, delle persone consacrate), con percorsi e provenienze così apparentemente lontani, con una bella presenza giovanile vivace ed attiva, hanno davvero sentito e compreso, nei loro cuori e nelle loro vite che la luce di Cristo illumina tutti.

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